SABATO 13 MAGGIO 2017, ORE 19 : MIREILLE SAFA PRESENTA IL SUO NUOVO DISCO “NUOVO CANTACRNACHE 1”

 

 

 

C’è un lamento sordo che rimane soffocato tra i pixel dei telegiornali, che
striscia latente tra i caratteri vischiosi della stampa e i caricamenti subitanei
delle pagine web, che rimbomba muto tra le opinioni degli imbecilli e le
riflessioni ponderate dei più attenti: è il lamento dell’Africa, che si aggira
come un fantasma afasico per i corridoi ben arredati del nostro immaginario.
È con la prima uscita del nuovo corso del Cantacronache che tale gemito
riesce a manifestarsi attraverso le oscillazioni del suono, lo stesso che emerge impetuoso dalle ricchezze vocali di Mireille Safa. L’Africa ritratta dalla costantemente indignata poetica di Beppe Chierici, autore di tutti i testi del disco, i cui versi particolareggiati e ricchi di umori costituiscono una solida ossatura narrativa, è un’Africa ancora una volta di più martoriata e vampirizzata, annichilita in vista di un nuovo interesse occidentale, e infine
rifiutata e rigettata: il canto dell’artista libanese trattiene in grembo il dramma, lo penetra con intensa sensibilità, e restituisce l’insieme amplificato. La
potenza di tale timbro vocale, pregno di varie e diverse suggestioni
aromatiche (la lieve cadenza straniera del cantato non sembra per nulla
lasciata al caso), è di vastità pressoché illimitata, e mira ora all’infinitamente
grande, ora all’infinitamente piccolo. In “Solcare il mare”, ad esempio, la
completa assenza dell’accompagnamento musicale permette all’intonazione di Mireille di estendersi fino a occupare fisicamente l’intero universo del brano;
per tutta l’andatura saltabeccante di “Ode al gatto”, tratto da un poema di
Neruda, uno di quei momenti di allegrezza che pur costellano l’album, il canto si sottiglia così fine da incarnare il sibilo felino. Soprattutto è una voce
di donna, quella che ascoltiamo, e più specificamente la voce di una madre, la Madre Terra, la stessa che canta d’amore nella poetica “Il vagabondo”, che canta di amarezza nella nostalgica “Terra senza Dio”, che canta d’incanto
nella lirica “Il cormorano” e che canta di rabbia nella sprezzante “Alep
Siryacon Valley”. Oltre alle capacità interpretative di Mireille Safa e alla
certosina ricercatezza delle rime di Beppe Chierici, a completare l’alchimia
musicale abbiamo due figure di rilievo: da una parte il musicista Giuseppe
Mereu, che con la sua notevole inventiva deve aver scoperto la pietra
filosofale della melodiosità, visti i motivi compiuti e ben delineati che
fluiscono copiosi dalla sua chitarra; dall’altra Margot, storica componente del Cantacronache, che firma la musica del “Cormorano” e di “Ode al gatto” con quella vividezza che caratterizza da sempre la sua creatività melica. Un album, questo, che vede rinnovarsi integro in sé lo spirito antico che avevamo lasciato nel Cantacronache degli anni Cinquanta, e che invita a un ascolto contropelo, una volta di più, rispetto alla plastificazione dei regimetti canzonettari del momento.
(Dario Faggella)

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